Perchè a Gradara

La narrazione dantesca della cronaca dell’epoca sulla tragedia di Paolo e Francesca rende famosa la Rocca di Gradara in tutto il mondo. Narrazione di un esperto falconiere quale era Dante Alighieri come proprio del suo tempo e del suo lignaggio. Un Parco di falconeria a Gradara: un sottile contributo anche al Poeta falconiere.

Dante e la cronaca del tempo: la tragedia di Paolo e Francesca

Nel Canto V dell’inferno (vv 100 e seg.) Dante è nel secondo cerchio dove sono condannati i lussuriosi. Le anime al buio, sono battute in eterno da una bufera che cambia continuamente direzione sbattendoli ora dall'una ed ora dall'altra parte, proprio come vissero in maniera travolgente le passioni terrene.
Qui sono condannati anche Paolo Malatesta e Francesca da Polenta: in vita furono amanti e adulteri - Francesca era sposata a Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo,- poi scoperti e uccisi per mano del marito.

Dante non scrive da moralista e non giudica, si limita a riportare la tragicità del conflitto tra morale - il matrimonio che non permetterebbe a Francesca di amare Paolo - e passione. Francesca parla a Dante e spiega come l‘Amore, che accende i cuori gentili, fece innamorare di lei Paolo, che gli fu tolto in modo così tragico da sentirsene ancora offesa. E quello stesso amore, che induce chi viene amato a ricambiare, la prese così impetuosamente da continuare a viverlo anche mentre parla al Poeta:

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

DANTE FALCONIERE

La falconeria è una passione che emerge spesso dai versi di Dante in maniera per nulla vanitosa con similitudini e metafore.

Nel Canto XVII dell’inferno (vv 127 e seg.) Dante è nel settimo cerchio quello dei violenti, terzo girone: soddomiti e usurai.
In questo girone sono puniti coloro che sono stati violenti contro Dio, la Natura e l’Arte. Qui c’è Gerione belva col nome di re e che simboleggia la frode. Ha il volto di uomo, il corpo di serpente e la coda di scorpione. Gerione accompagna Virgilio e Dante in fondo al baratro. Dante è impaurito e all’udire le urla dei cerchi successivi, ha un fremito di terrore e si aggrappa alla belva. Da qui la bellissima similitudine dantesca: come il falco che ha volato a lungo senza trovare una preda o vedere il logoro discende stanco -lì dove prima si muoveva veloce per cento giri- e si posa crucciato e sdegnato lontano dal falconiere deluso, così Gerione si accascia sul fondo del precipizio. Liberatosi di Dante e Virgilio, fugge dileguandosi veloce come una freccia scagliata dalla corda di un arco “come da corda cocca”.

Come il falcon, ch'è stato assai sull'ali
che senza veder logoro od uccello
fa dire al falconiere, oimè tu cali,
discende basso onde si mosse snello
per cento ruote e da lungi si pone
del suo maestro disdegnoso e fello;
così ne puose al fondo Gerïone
al piè al piè de la stagliata rocca,
e, discarcate le nostre persone,
si dileguò come da corda cocca

Nel Canto XIX del Paradiso (vv 31 e seg.) Dante è nel sesto cielo: quello degli Spiriti giusti. Ha di fronte a sè l’immagine grandiosa dell’Aquila. L’Aquila: simbolo della Giustizia che deve necessariamente essere la virtù fondamentale degli uomini di Potere e di Governo. Dante fa parlare simbolicamente l’animale come l’insieme di tutti i grandi che fecero l’Impero attraverso l’esercizio della Giustizia. Egli domanda, e cerca di dissolvere i propri dubbi di fede. L’Aquila come falcone liberato dal cappuccio pronta per la caccia, muove la testa e agita le ali esprimendo la sia voglia fremente di volare e rivelando così la gioia di soddisfare le domande a lei poste:

Sapete come attento io m'apparecchio
ad ascoltar; sapete qual è quello
dubbio che m'è digiun cotanto vecchio.
Quasi falcone ch'esce del cappello,
move la testa e con l'ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello

Nel Canto XIX del Purgatorio (vv 61 e seg.) IV Cornice. Dante è tra gli accidiosi ossia coloro che vissero la vita “annoiati da tutto”. Dante era stato appena assalito in sogno da una femmina–”strega” “ammaliatrice vecchia quanto il mondo” deforme simbolo dei peccati che si espiano nei primi tre gironi (avarizia, gola e lussuria) che si trasforma sino a diventare bellissima: l’inganno del peccato. Interviene Virgilio su esortazione di una donna divina “santa” e straccia i vestiti della femmina mostrandone la reale bruttura. Quindi, Virgilio esorta Dante a accelerare il passo, ormai liberato dal timore di quel sogno e capita la lezione: “Rivolgi lo sguardo al richiamo che Dio (rege eterno) fa girare con le sfere celesti (rote magne)”. E Dante si fece veloce come il falcone che prima si guarda ai piedi, come a volersi liberare, ma poi fulmineo si lancia sulla preda per il desiderio della parte che gli toccherà in pasto:

Bastiti, e batti a terra le calcagne:
li occhi rivolgi al logoro che gira
lo rege etterno con le rote magne".
Quale il falcon, che prima a' piè si mira,
indi si volge al grido e si protende
per lo disio del pasto che là il tira,
tal mi feci io;

Nel Canto XIII del Purgatorio (vv 67 e seg.) II Cornice:.Dante è tra gli invidiosi. Il girone è di pietra livida, le anime giacciono quasi confuse con la parete del monte. Sono coperte da un panno rozzo -simbolo di umiltà e penitenza- , si sorreggono l’un l’altra e tutte a loro volta, sono sorrette dalla roccia. In vita guardarono con rancore e odio le fortune altrui; per la legge del contrappasso sono puniti con la ciliatura come a uno sparviero catturato già adulto, per renderlo più docile. Non solo non possono vedere ma non possono neanche piangere:

E come li orbi non approda il sole
Così a l’ombre quivi, ond’io parlo ora,
Luce del ciel di sé largir non vuole;
Ché a tutti un fil di ferro i cigli fòra
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora